venerdì 28 novembre 2014

Due parole su STAR WARS - IL RISVEGLIO DELLA FORZA, il primo teaser trailer.

La pagina delle notizie di Facebook si aggiorna come fa sempre, ma in mezzo a tutti quei gattini decorati con aforismi a caso, e alle fotografie di vita delle persone che conosci (e molto spesso anche di quelle che non conosci) oggi c'era questo, e la mia vita, insieme a quella di molte altre persone, non è stata più la stessa:

Star Wars Episodio VII - Il Risveglio della Forza si mostra in questo piccolo gioiellino di teaser trailer, mettendo alla luce alcuni confutabilissimi elementi di quello che sarà il nuovo attesissimo capitolo della fantastica saga fantascientifica ideata da George Lucas, diretto questo giro dal genio visionario dell'erede spielbergiano per eccellenza: J.J. Abrams.

Il primo di questi elementi è la continuità stilistica con i tre episodi originali, il design delle astronavi e le ambientazioni parlano chiaro e forte al cuore di ogni vero appassionato della saga e gli effetti sonori (geniale l'ultimo sibilo della spada laser sui titoli) non fanno che rafforzare l'effetto nostalgia; il secondo è la regia piena di personalità di Abrams, che gia dalle prime inquadrature mostrateci nel trailer sembra voler affrontare il mostro sacro con il suo sguardo di bambino innamorato del cinema fantastico, senza cedere alla tentazione dell'omaggio forzato a tutti i costi; ed infine il terzo elemento: ciò che non c'è stato mostrato e che tanto avremmo voluto avrà un ruolo fondamentale, perchè il Millenium Falcon che sfreccia sulle dune del deserto è sicuramente pilotato da Ian Solo, e perchè da qualche parte tra quelle dune c'è sicuramente Luke Skywalker, e perchè Leila deve essere per forza al comando della Repubblica, e quindi quasi sicuramente in pericolo.

Si può proprio dire che sia davvero tutto decisamente pronto.
Un.
Anno.
Ancora.

venerdì 21 novembre 2014

Due parole su... SOIL un manga di Atsushi Kaneko

Soil è edito in Italia da Panini
Da molti anni ormai sono un lettore vorace di fumetti statunitensi, con particolare riferimento ai supereroi della Marvel Comics, ma c'è stato un tempo piuttosto lontano (purtroppo) dove non saltavo una singola uscita manga di ogni casa editrice esistente in Italia che si occupasse del fumetto nipponico, e sto parlando della metà degli anni novanta, quando spuntavano manga di ogni tipo e di ogni genere un giorno si e l'altro anche.
Ora le cose sono molto diverse per il sottoscritto, che si preoccupa di mettere insieme le opere imprescindibili del fumetto giapponese (e già non c'è poco materiale) e a comprare quelle poche cose che lo conquistano al primo sguardo.
Soil non mi ha conquistato, mi ha rapito...
La storia a grandi linee è questa: nella sonnolenta e conformista Soil New Town, una famiglia come tante scompare nel nulla. Ma le apparenze ingannano, come la storia cerchera di farci scoprire seguendo le indagini dei detective Yokoi e Onoda, in una ricerca dove nulla è quel che sembra.


E fino a qua sembra Twin Peaks in salsa jappominkia.
Bhe... non lo è: Soil è un dipinto che si dipana attraverso ogni volume come una tela ritagliata e poi rilegata 200 pagine alla volta, e ogni segmento di questo dipinto crea i collegamenti per il segmento sucessivo attraverso soluzioni grafiche accattivanti e a dir poco elaborate, scene mute (il prologo è da biblioteca del fumetto), scene verbose, scene tragicomiche... Soil non assomiglia a nulla che già esiste e i suoi personaggi sono caratterizzati così bene da essere inquietanti anche oltre il tempo della lettura.
Soil è una Mistery Tale perfetta, che non cita ma letteralmente assorbe tutti i meccanismi del genere passandoli attraverso una sensibilità inevitabilmentè nipponica.
Consigliatissimo.

giovedì 20 novembre 2014

MYTH CLOTH COLLECTION PART 1: BRONZE SAINTS FIRST CLOTH

Foto di gruppo con tutti e 5 i Bronze Saints protagonisti che indossano la prima versione della loro Cloth con il Premium di Saori, valutazione di Saori media su eBay tra le 90 e le 300 euro.

Seiya con la sua prima armatura, valutazione media su eBay tra le 140 e le 200 euro.

Shiryu con la sua prima armatura, valutazione media su eBay tra le 160 e le 200 euro.

Shun con la sua prima armatura, valutazione media su eBay tra le 70 e le 90 euro.

Hyoga con la sua prima armatura, valutazione media su eBay tra le 90 e le 100 euro.
Ikki con la sua prima armatura, valutazione media su ebay tra le 70 e le 100 euro.


mercoledì 19 novembre 2014

GHOSTBUSTERS 30 anni dopo, cronaca di un emozione!

Entrando in sala ieri sera, 18 novembre 2014, ho davvero valicato una porta del tempo e delle emozioni: dopo trent'anni dalla prima uscita in sala del capolavoro di comicità diretto da Ivan Reitman, Ghostbusters torna al cinema restaurato e rimasterizzato in 4K, ma sempre con quello spirito di goliardia tutta americana e quella magia unica che fece in modo che la triade comica più spettacolare di ogni tempo formassero e dessero vita a quel gioiello che è il primo film dei nostri amatissimi Acchiappafantasmi.
Bill Murray, Dan Akroyd e Harold Ramis (RIP) riuscirono nell'ardua impresa di interpretare uno dei film più spettacolari da un punto di vista tecnico e contemporaneamente un gioiello di comicità che mantiene un ritmo inarrestabile per tutta la durata della pellicola, senza mai in nessun momento del film inficiare la tensione e l'immedesimazione dello spettatore per la storia semplice ma incredibilmente avvincente che fa da cardine al racconto.

Il Blu-Ray contenente le versioni restaurate
di Ghostbusters e del suo seguito
Quello di cui vi voglio parlare però non sono i meriti artistici del film, che ha avuto trent'anni per dimostrare di non essere affatto invecchiato, dando ancora adesso moltissimo filo da torcere al cinema comico moderno, bensì voglio dirvi di quello che ho provato quando quelle immagini tante volte viste e riviste dai dieci ai trent'anni (si, ho la stessa età del film) si sono materializzate sul grande schermo nel loro rinnovato splendore HD.

Ho pianto per la gioia, letteralmente, per ogni singola perfetta battuta, per ogni espressione ricercata degli attori, per i monologhi eccezionali di Bill Murray, per la tenera ingenuità del personaggio di Akroyd, per quella maschera geniale indossata da Harold Ramis.
Ho pianto per gli effetti speciali in stop motion, per le sovraimpressioni su pellicola perfette e così meravigliosamente artigianali, per i movimenti di macchina sincronizzati al millimetro sulle fisicità attoriali dei protagonisti, per la targa della Ecto-1 quando il portone del palazzo dei Ghostbusters si apre la prima volta.
Ho pianto per la cameriera investita dai primi spari di raggi protonici, per Slimer che "smerda" Murray "inzaccherandolo", per lo splendido doppiaggio italiano, per "Venimmo, vedemmo e lo inculammo!", per il dialogo tra Ray e Winston sull'esistenza di Dio, per la mano di Peter che sbuca dalle voraggini della strada nel finale tra le urla della città di New York.

Potrei andare avanti per pagine e pagine, ma questo significherebbe trascrivere il film intero... quindi vi invito semplicemente a scoprire o riscoprire questa pellicola al cinema ieri e oggi, e presto in un Blu-Ray nuovo di pacca per i più raffinati palati del video digitale.


lunedì 17 novembre 2014

INTERSTELLAR di Christopher Nolan - Recensione

Titolo originaleInterstellar
Lingua originaleinglese
Paese di produzioneStati Uniti d'AmericaRegno Unito
Anno2014
Durata169 min
Colorecolore


Generefantascienzaavventura,drammatico
RegiaChristopher Nolan

SceneggiaturaChristopher NolanJonathan Nolan




Effetti specialiMichael ClarkeNeil Garland,Robert L. Slater
MusicheHans Zimmer



Interstellar è una di quelle pellicole che fanno il punto nella storia del cinema: segnano inesorabilmente un momento all'interno di un particolare genere cinematografico e all'interno della storia di questo genere, in cui tutto quello che il filone narrativo a cui la pellicola appartiene ha detto nel corso della centenaria storia della settima arte viene unificato con logico sincretismo .
Interstellar è la storia di un esploratore costretto a vivere in un mondo che lo ha tradito nel modo più perfido che potesse: morendo. 
La Terra è rimasta senza cibo e non c'è più il tempo per potersi dedicare all'esplorazione dello spazio, e Cooper (Matthew McConaughey), è un astronauta costretto a rimanere con gli occhi piantati per terra, proprio su quella Terra che ha tradito lui e gli altri sette miliardi di individui sulla faccia del pianeta, proprio quella Terra che tutti sono costretti a coltivare, nonostante stia inesorabilmente morendo giorno dopo giorno.
Interstellar è la storia di un padre e di una figlia e dell'amore più potente che esista, un amore capace di superare i limiti dello spazio e del tempo, un amore in grado di vivere attraverso il viaggio interstellare rimanendo dentro i cuori di piccoli uomini e donne che reggono sulle loro fragili spalle il destino della razza umana; questo film ha il pregio di riuscire a conferire un compito divino nelle mani di persone umane e piene di fragilità, e di lasciare alla fine nello spettatore già ammaliato per la potenza iconica delle spettacolari immagini (debitrici in modo totale all'Odissea di Kubrick ma anche alle claustrofobiche astronavi di Scott e Cameroon), la sensazione profonda che dentro ognuno di noi risieda il segreto dell'universo intero, e quindi anche la chiave per salvarlo.
Ci sono dialoghi all'interno di Interstellar che riescono a veicolare concetti scientifici verso la sfera dei sentimenti e a dare una struttura matematica a ciò che comunemente è considerato pura spiritualità e interiorità, ci sono momenti nel corso del lungo viaggio interstellare verso nuovi potenziali mondi per accogliere la razza umana dove la speranza sembra svanire dentro quel buco nero chiamato molto significativamente Gargantua, per poi uscire dall'altra parte più forte e rinvigorita di prima.
Gargantua, salvezza e verità
Cooper si troverà insieme ad altri pionieri moderni a dover scoprire cosa risiede dietro il mistero dello spazio-tempo, guardando in faccia la realtà dell'infinitamente grande, scoprendo che non è altro che uno specchio magico che riflette l'infinitamente piccolo, mentre sulla Terra il suo mentore Brand (Micheal Kaine) cerca una soluzione al problema gravoso della gravità (vera ossessione di Nolan) e della possibilità di trasferire la razza umana attraverso un buco nero che non può che essere un portale, un ponte, per scoprire i misteri del quale è disposto a lasciare andare la figlia (Anne Hataway) dove nessun'altro è mai stato, in ogni caso possibile nel luogo più lontano possibile. 
Padri costretti a lasciare i propri figli e padri che li spingono ad allontanarsi da loro, anche attraverso la più insostenibile delle bugie, anche attraverso la più insostenibile delle perdite.

Interstellar è un'immenso film di vera e pura fantascienza, diretto con maestria da uno dei più imponenti cineasti contemporanei, che comprende nel suo cast alcuni dei più talentuosi attori della Hollywood più impegnata e riflessiva e che riesce a divertire, intrattenere, emozionare, sospirare, riflettere, piangere e ridere nello spazio delle oltre due ore della sua durata, senza mai cadere nelle banalità classiche del genere, ma spesso ribaltandole nel loro aspetto più positivo (gli automi che assistono l'equipaggio sono l'esempio perfetto, e ricordano tantissimo i simpatici androidi di Star Wars).

Un.Vero.Capolavoro.

domenica 31 agosto 2014

E torniamo di nuovo...

Questo blog è un pò come me: arriva pieno di entusiasmo, cerca di essere sempre organizzato e puntuale, è curato e in ordine... poi succede qualcosa, qualcosa di brutto... e tutto si ferma, i colori smettono di essere tali e diventano ombre, i suoni si attutiscono con poca grazia e rimbombano cacofonici nelle orecchie come una tortura, le parole svaniscono e lasciano spazio a un silenzio asfissiante, profondo, incorruttibile ma corrotto.
Passano i mesi e le mie passioni di cui tanto mi piace parlare e condividere su queste pagine digitali a quei pochi cristiani (e non) che hanno deciso che quel che scrivo (a volte) è persino interessante, si nascondono da qualche parte e non si fanno più trovare, diventa difficile aprire un fumetto, è una tortura non riuscire ad arrivare alla terza pagina. Ancora più duro è scoprire che dopo i titoli di testa di un film non riesco a concentrarmi abbastanza nemmeno per ricordarmi cosa sto masticando, e la pila di cose da leggere mi guarda come a prendermi per il culo, come a dirmi "non hai le palle per essere felice e leggerci!".

E per mesi è così, inseguendo la tua vecchia vita che è esplosa e non c'è più, cercando di costruire una soluzione con materiali fatti di nulla cosmico, parlando con persone a cui non interessi tu ma quello che fai e quanto può essere bello paragonare il tuo dolore alla loro pseudo-felicità in lattina.
La persona che ti ha fatto esplodere una bomba nella pancia e ti ha portato via tutto non c'entra niente e tu lo sai ma non l'ammetti, e intanto non scrivi, non crei, non leggi, non vai al cinema, non vivi...

Poi la vita ti dimostra che tutte quelle parole che i tuoi amici e parenti ti dicevano sulla vita e i portoni vari che si spalancano sono delle fottute verità universali, ma non importa la prossima volta te lo scorderai di nuovo e soffrirai ancora di più, ma non pensiamoci adesso.
Sta di fatto che ero solo e ora ho un sacco di amici e conoscenti, persone divertenti, persone interessanti piene di cose da raccontare e insegnarmi... e ce n'è persino una speciale che si è accoccolata nel mio ventricolo sinistro... e io leggo, gioco, scrivo, invento...

E il blog riapre, da domani... si parla di cinema, tv, videogiochi, modellismo e tutto il cazzo che mi va.
Com'è bella la vita, quanto sono stronzo io.

State lì... son tornato!

lunedì 24 febbraio 2014

JOBS, il parere di un cinefilo Applemaniaco...

Per chi ha avuto il piacere di vedere il meraviglioso film per la tv I Pirati della Silicon Valley, diretto da Martyn Burke nel 1999, proverà una certa sensazione di deja-vù davanti a questa recente pellicola di Joshua Micheal Stern dove il ruolo di una delle figure più chiaccherate e innovatrici del mondo della tecnologia, padre della Apple e dei nostri amatissimi iPhone, al secolo Steven Paul Jobs, è rivestito da un sorprendente Ashton Kutcher, sicuramente alla sua miglior prova d'attore di tutta la carriera.
Ma questo deja-vù, se in un primo tempo può farci credere che non ci sia niente di nuovo nel film di Stern, si dissolve presto nella visione generale della pellicola, basata non sul dualismo Jobs/Gates (come nel caso del film del 1999) ma bensì solo ed unicamente sulla missione della vita di jobs: fare in modo che ogni oggetto da lui creato fosse per la gente e arrivasse al loro cuore, diventando un vero prolungamento naturale del corpo umano, qualcosa di cui non poter più fare a meno, una volta scoperto.
Il film parte con la presentazione del 2001 del primo iPod, e a ritroso ci porta alla nascita nel 1974 del gruppo di persone che darà vita a quella che oggi è una delle aziende più importanti di tutto il mondo. Come tutti i biopic anche questo film deve lasciare gran parte del comparto registico al pieno servizio del protagonista, in questo caso specifico indugiando con piacere quasi feticista su tutti quei dettagli che hanno costruito il culto della personalità del creatore dell'azienda di Cupertino, dalla camminata a piedi scalzi e pesantemente sbilanciata in avanti, passando per le mani raccolte quasi come in preghiera e arrivando alle famosissime scarpe da ginnastica preferite da Jobs, tutto viene inquadrato dalla macchina da presa con un intenso, e a tratti fin troppo palese, gusto per il "mito fine a se stesso", quasi svuotato dai significati reali che esso (il mito) contiene.
Ma a parte questo modo di affrontare un icona soffermandosi sulla scomposizione geometrica del soggetto interessato, che può anche piacere da un punto di vista estetico ma lascia scivolare troppo significato dal costrutto del racconto, il film sa anche narrare la storia di un uomo ambizioso e decisamente fuori dagli schemi, così pieno di volontà creativa da sacrificare per essa qualsiasi spiraglio di felicità "facile", diventando un vero lottatore nemico dell'impossibile, una sorta di eroe moderno da cui imparare a non arrendersi mai davanti ai propri sogni, innalzandoli sempre a centro della nostra esistenza; e lo sa fare con un equilibrio e una struttura di ferro, che sanno appassionare e tenere viva l'attenzione dello spettatore attraverso le grandi contraddizioni di Jobs.
In conclusione la pellicola ha il solo difetto di indugiare eccessivamente sull'iconografia del mito di Steve Jobs, e nonostante questo difetto porti via parte significativa del messaggio che Stern avrebbe voluto far passare, questo riesce a palesarsi in parte attraverso un ottimo modo di narrare la storia di un uomo eccezionale che riposa tutt'altro che inerme sulle scrivanie, nelle borse, sui comodini e nelle orecchie di milioni di persone, e per sempre.

venerdì 21 febbraio 2014

MONUMENTS MEN di George Clooney; la memoria e il panino.

"Con la cultura non ci si prepara un panino": all'incirca con queste parole un Ministro dell'Economia della Repubblica Italiana di qualche governo fa diede la sua illuminante opinione sull'importanza della sfera culturale nell'economia italiana.
é inutile che dica a voi, lettori illuminati di cotanto blogger, quanto enorme fosse la cagata succitata.
La cultura non solo produce un quantitativo di risorse economiche immenso (non in Italia nonostante sia maggiormente concentrata, ma questo solo ed unicamente per colpa degli italiani), ma soprattutto costituisce un patrimonio che identifica un popolo e lo rende unico, distinto da tutti gli altri, inimitabile.
Tratto dalla vera storia di un gruppo di uomini (americani, inglesi e francesi) che durante gli ultimi giorni della seconda guerra mondiale contribuirono a salvare più di cinque milioni di opere d'arte dalle grinfie dei nazisti, l'ultima pellicola diretta e interpretata dal sempre più sorprendente George Clooney prende le mosse da un saggio di Witter-Edsel che consiglio a tutti, essendo una piacevole e interessantissima lettura, dove si racconta la vicenda dei Monuments Men, uomini dell'ambiente culturale americano e britannico incaricati dal governo degli Stati Uniti di rintacciare e preservare le opere d'arte minacciate dalla guerra e soprattutto dai furti sempre più frequenti dei nazisti, atti a completare quella che nella mente di Hitler sarebbe stata la più grande collezione d'arte di ogni tempo.
Il saggio da cui è tratto il film
L'abilità principale di Clooney nel dirigere questa storia ambientata nel periodo più cruento del secondo conflitto mondiale (lo sbarco in Normandia e tutta la lunga cavalcata alleata verso Berlino)  è stata quella di aver saputo trasformare un saggio molto dettagliato e dal taglio decisamente storico in una vera e propria avventura, prendendosi certamente alcune licenze poetiche e inserendo momenti di ilarità e umorismo molto americani, ma mantenendo sempre vivo il significato che già apparteneva all'opera originale e di cui ho parlato in apertura.
La regia è quella a cui Clooney ci ha abituato fin da Confessioni di una Mente Pericolosa, una regia fatta di tanta teoria filmica assimilata nei lunghi anni della carriera attoriale, amore per la narrazione pura e cruda, e tanta voglia di intrattenere, questa volta in modo molto più leggero (ma mai banale) rispetto a quanto succedeva negli ultimi due film da lui diretti (Good Night, Good Luck e Le Idi di Marzo).
Clooney si prende anche un notevole spazio all'interno della pellicola per indugiare sui campi lunghi e le atmosfere dei luoghi ricchi di fascino che le splendide scenografie ricostruiscono con un piglio molto spielberghiano (le miniere dove i nazisti stipano le opere d'arte ricordano tanto il finale di Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta), realizzando quella che a mio parere è la sua pellicola più marcatamente Hollywodiana.
Oltre a una prova attoriale splendida da parte di Clooney nei panni di George Stout (promotore dell'iniziativa dei Monuments Men) è impossibile non citare l'interpretazione regolata e sempre elegante di un Matt Damon (James Rorimer) in stato di grazia, ma soprattutto la geniale recitazione di un Bill Murray nei panni dell'architetto Rich Campbell, ridotta ai minimi termini ma assolutamente esilarante.
Un film da vedere assolutamente secondo il vostro amichevole cinepazzo di quartiere.



mercoledì 19 febbraio 2014

AGE OF ULTRON - La mia (Ri)valutazione finale.


I grandi eventi Marvel sono diventati col tempo dei veri e propri specchietti per le allodole che attirino nuovi lettori con la promessa che da quel momento in poi "niente sarà più come prima" e  che quindi a tutti sarà concesso di accedere a una serie di nuove storie leggibili e godibili anche per chi non conosce centinaia di riferimenti a una continuity pluridecennale.
Ai tempi del capolavoro Civil War di Miller i grandi eventi Marvel si trasformarono nel momento dell'anno in cui le migliori penne e le migliori matite del Bullpenn Marvel si riunivano per creare una storia a fumetti epica nettamente superiore a tutto quello che fino a quel momento si era visto e letto.
Age of Ultron è un passaggio anomalo: partita con lo strascico publicitario di cui ho parlato in apertura, basato sul cambiamento dell'intero universo Marvel e annunci esorbitanti sulla falsariga di questo, per diventare in corso d'opera una sorta di storia degli anni '70 dove tutto cambia fino all'ultimo episodio dove un viaggio nel tempo o una magia del Dottor Strange (ogni riferimento a cose scritte da JMS su ordine di Quaesada è puramente casuale) riportano tutte le cose al loro status quo originale; e infine trasformarsi in un'occasione davvero ghiotta per introdurre nell'universo Marvel tradizionale personaggi di universi alternativi o addirittura di altre case editrici (vedi Angela della Image direttamente dalle pagine di Spawn).

Insomma senza rovinare la sorpresa a quanti ancora non l'hanno letto, voglio dire che Age of Ultron rappresenta una storia molto godibile che apparentemente resta distaccata da quanto visto nei precedenti Big Events, ma che in realtà prende in considerazione un fatto forse troppo a lungo dimenticato dagli autori, ovvero: ma tutti questi balzi nel tempo, nelle dimensioni e tra gli universi che i nostri eroi compiono un numero si e l'altro pure, possibile che mai e poi mai danneggino qualcosa nell'asse cosmico?
Insomma Bendis mi ha fatto credere per 5 numeri di star raccontando una storia classica dal sapore retrò senza troppe conseguenze e forse anche un pò anonima, per poi sconvolgere l'universo Marvel fin nel suo costrutto più interno, ovvero la sua struttura spazio-temporale.

Non è certamente la più bella storia Marvel che sia mai stata scritta, ma non è nemmeno quella porcata che pensavo che fosse in principio.

lunedì 17 febbraio 2014

Come si fa un corto indipendente...

COME SI FA UN CORTO INDIPENDENTE, questo è l'altisonante titolo del nuovo progetto ideato dalla mia mente malata di cinema (da guardare ma soprattutto da FARE).

PREMESSA:

Il giorno 22 marzo il mio ultimo cortometraggio Altrove e con Nessuno (che potete vedere QUI dal 3 febbraio) sarà proiettato come tutti gli altri corti in concorso al NOVARA CINEFESTIVAL 10, dopo aver attraversato 15 città e rispettivi festival in tutt'Italia e dopo aver vinto al Concorso per Cortometraggi del Sena Comics and Games 2013.
Questa la considero l'ultima tappa ideale del tour, proprio nella mia città e nella sezione A Scenari Orizzontali, casa ideale del mio piccolo cortometraggio.

SVOLGIMENTO:

Dunque la mia rinomata ossessione per le schematizzazioni mi ha portato a considerare il 22 marzo come il giorno in cui spezzare il cordone ombelicale che mi unisce alla mia ultima opera e come l'inizio di un nuovo progetto, che in realtà è già cominciato da molto tempo e che si chiama L'Immagine di Uno, una sceneggiatura splendida scritta da Simone Colombo (e completata da qualche mese) e di cui ho già parlato QUI.
In contemporanea alla realizzazione di questo cortometraggio realizzerò insieme a tutti i miei collaboratori, dei video mensili sul nostro lavoro che diventeranno una vera cronaca di come si realizza un cortometraggio con soltanto tanta passione nelle vene e pochi mezzi, o meglio di come io e il mio gruppo di lavoro realizziamo un cortometraggio indipendente.

CONCLUSIONE:

L'intento è quello di appassionare giovani aspiranti registi che vorrebbero fare il passo di realizzare la loro opera prima e che sono terrorizzati dalle mille difficoltà apparenti che fanno sembrare la realizzazione di un film breve qualcosa di lontanissimo dalle nostre vite "normali" di non miliardari-raccomandati-rottinculo-exgrandifratello; ma anche di avvicinare chi ha la sana curiosità di come si realizza un piccolo film.

STATE CONNESSI, QUEST'ANNO SI LAVORA SUL SERIO!

venerdì 3 gennaio 2014

CAPITAN HARLOCK - Un istante che si ripete...

La locandina internazionale del film
Senza mezze parole o preamboli eccezionali voglio andare subito al punto della questione: il film in computer grafica Capitan Harlock, al cinema da pochi giorni anche nel nostro bel paese, è un capolavoro in tutti i sensi possibili, dalla sceneggiatura alla regia passando per la strepitosa e a tratti miracolosa realizzazione tecnica.
Il personaggio creato dal Maestro Mangaka Leiji Matsumotu diventa finalmente il protagonista di un lungometraggio che ne incarna in tutto e per tutto lo spirito e la filosofia, riportando chi tra gli spettatori è cresciuto con la mitica serie animata proiettata negli occhi sognanti del sè stesso bambino a quella sensazione automatica che ci portava a voler essere Harlock.
Non serviva nemmeno che parlasse, e in effetti lo faceva poco ieri come oggi, bastava che spostasse con un colpo del suo braccio inguantato quel mantello volutamente sgualcito e che lo facesse garrire come la bandiera che dal pennone più alto dell'Arcadia, la sua splendida nave spaziale pirata, sventolava miracolosamente anche in assenza di gravità, ed ecco che volevamo essere lui, il misterioso capitano senza un occhio e con la cicatrice, tormentato, solitario, imbattibile, immortale.
Il film riesce a prendere tutti quegli elementi che Matsumotu ha inventato con la sua creatività geniale e a riproporli perfettamente in una veste raffinata e tecnicamente perfetta: abiti, palazzi, strutture, navi spaziali, pianeti, armi, tutto il mondo di Matsumotu diventa reale e a noi trentenni tutto appare magico, ma credo che anche per chi Harlock lo conoscerà in questi giorni al cinema la magia sarà ugualmente potente se non di più, e mi auguro che questa magia spinga la nuova utenza del personaggio a riscoprire i manga di Matsumotu (in primis Capitan Harlock, Galaxy Express 999 e La Corazzata Yamato) e le rispettive serie animate e film d'animazione, per capire e farsi rapire dall'immenso universo narrativo creato dal maestro giapponese.
Una delle prime immagini mostrate, ormai più di un anno fa
La sceneggiatura del film riesce a concentrare nell'arco delle circa due ore di pellicola tutto il senso dell'epopea spaziale del pirata rinnegato, tramite una scrittura mai semplicistica e a tratti anche piuttosto raffinata e profonda, e soprattutto senza far diventare centrale in modo esponenziale la figura del capitano, mai invadente sullo schermo, concentrandosi bensì sulla sua opera di difesa della verità e sull'espiazione del suo terribile peccato, che ovviamente non vi svelo e che vi invito a scoprire.
Le ultime doverose parole di questo articolo vanno spese per la realizzazione tecnica, assolutamente strepitosa, superiore a moltissime produzioni statunitensi e soprattutto portatrice di un stile innovativo basato sulla fedeltà ai modelli originali ma con un occhio verso la modernità in termini di stile e design.
Insomma andate a godervi questo capolavoro, non ve ne pentirete.

mercoledì 1 gennaio 2014

ASSASSIN'S CREED IV BLACK FLAG - Lo scrigno dei sogni...

Giocare al nuovo capitolo della famosissima saga degli assassini di Ubisoft è un esperienza unica, che permette a chi fra di noi è stato almeno una volta un bambino (si c'è della facile ironia in queste mie prime parole digitali del 2014) di realizzare un sogno: essere un pirata.
Passata la moda dei vampiri (o quasi passata), sembra che siano i pirati a prendere piede nei cuori di noi popoli del nerdismo, tra lo strapotere dell'ormai mitico One Piece e le nuove scorribande in 3D del grande Capitan Harlock (che mi aspetta al cinema questa sera), sembra che tutti i media siano colpiti dal dilagare di bucanieri incazzati e smaniosi di libertà.
Inserita nel contesto storico della vera e unica epopea piratesca caraibica di inizio '700, l'avventura rivissuta tramite l'ormai noto meccanismo dei ricordi stampati nel DNA del malcapitato di turno, ci porteranno direttamente nei panni di Edward Kenway, giovane inglese voglioso di diventare qualcuno in un mondo difficile che lo schiaccia di fronte al peso delle sue responsabilità di semplice uomo del popolo.
Attraverso meccanismi di gameplay ormai consolidati dalla tradizione del brand di Assassin's Creed come l'elemento stealth, le tecniche di uccisione, le armi e le mitiche lame celate e con l'aggiunta di tutta la parte marinaresca composta da battaglie navali realistiche e potenziamenti della splendida Jackdaw (il veliero del nostro protagonista), quest'opera videoludica ci regala ore e ore di puro divertimento, permettendoci di dedicarci alla storia principale, epica ed emozionante come non mai, ma anche di lanciarci alla ricerca di tesori sommersi, scrigni sepolti, frammenti dell'animus e tante altre piccole chicche davvero sfiziose.
Assassin's Creed IV Black Flag è portentoso anche nel comparto tecnico, spingendo le console di vecchia generazione al limite delle loro possibilità grafiche e dandoci un piccolo assaggio di quello che potranno darci le nuove console della Next-Gen.
Il nuovo corso del blog sarà fatto di articoli brevi come questo, senza inutili lungaggini o analisi aprofondite: un semplice reportage delle mie sensazioni dirette su quel che leggo, gioco o guardo, per permettervi se lo vorrete di scoprire qualche opera interessante o di evitare qualche ciofeca clamorosa tramite i miei pareri, se vorrete seguirli... ovviamente.
Buon anno ragazzuoli, restate attaccati.