martedì 24 gennaio 2017

Dedicato a Mimosa



Entrò nella classe come un fantasma, magra come non mi era mai successo di ravvisare in nessun altro essere vivente, segnata in viso, con gli occhi acquosi e così teneri da spalancare il cuore, e le mani nodose a cingersi il ventre, come se stesse soffrendo.
Si chiamava Mimosa, questo lo ricordo, e fu la mia supplente di italiano per qualche tempo in prima media.
Ricordo distintamente che era primavera, perché dalla grande finestra a soffietto della classe penetrava la luce del sole di maggio, ma soprattutto perché la finestra era completamente spalancata e non sentivo freddo.
la finestra era spalancata perché Mimosa faceva lezione da fuori, essendo che eravamo al piano terra di una piccola scuola di quartiere, così poteva accendersi una Diana Blu dopo l'altra.
I miei compagni erano tutti intenti in risatine e sguardi attoniti, io invece ero affascinato, perché Mimosa non faceva solo tutte queste cose "strane", Mimosa ci parlava della letteratura italiana con amore per la materia, e anche questo fino ad allora non mi era mai capitato di ravvisarlo in un insegnante.
Tutto ciò che c'è da sapere sull'anticonformismo e l'autodeterminazione io ho cominciato ad impararlo con Mimosa, ma soprattutto con Mimosa ho imparato tutto ciò che c'è da sapere sulla critica.

Un giorno come compito a casa ci disse infatti di scrivere un commento su "Il Sabato del Villaggio" di Giacomo Leopardi.
Io, che già mi crogiolavo nella mia infinita abilità di scrittore, scrissi un panegirico agiografico dell'autore dimenticandomi completamente della poesia e conclusi in modo ridicolo con "...complimenti a Leopardi per questa magnifica poesia.".

Mimosa traccio un solco rosso e profondo, poi scrisse "Leopardi non ha bisogno dei tuoi complimenti".

Ovunque tu sia, grazie Mimosa.

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